Perù, il paese della patata

Cosa vi viene in mente quando pensate al Perù?
Forse alle alte montagne andine, o forse ai tessuti variopinti ed ai tipici cappellini con i copri orecchie?


O forse vi viene in mente il suono del flauto andino, anche detto flauto di pan o zufolo?


Beh…nessuno di questi aspetti in realtà è più tipico in Perù dell’argomento di questo post: la PATATA.
Sapete quanti tipi di patate esistono in Perù? più di 3000! E alcune di queste tipologie possono essere addirittura coltivate negli altipiani andini a più di 4000 metri slm!


I peruviani non riescono a concepire un solo piatto che non comprenda la patata come ingrediente, che sia esso una zuppa, un piatto principale o addirittura un’insalata di antipasto.


La patata e la sua coltivazione sono un’aspetto molto caratteristico della cultura peruviana, ereditato dalla storia pre-Inca, nell’epoca Inca conobbe il suo massimo splendore quando gli Inca iniziarono a coltivare e selezionarne le varie sotto-tipologie sfruttando un metodo assolutamente ingegnoso: un sistema di terrazzamenti circolari e concentrici, più o meno profondi, che permetteva loro di selezionare e coltivare diverse piante generando una sequenza di micro-climi anche moto diversi tra loro (tra il cerchio più superficiale e quello più in basso poteva esserci anche una differenza di temperatura di 6 gradi!). Erano delle piccole serre di sperimentazione, ma questo sistema permetteva loro anche di acclimatare i vari semi e tuberi per spostarli da una zona ad un’altra del loro territorio. Con la stessa tecnica, per esempio, gli Inca hanno generato più di 300 tipi diversi di mais ancora oggi presente nel territorio peruviano!


Le curiosità sulla patata peruviana non sono finite qui. Altro aspetto caratteristico riguarda la sua conservazione (anche questa ereditata dalla cultura Inca). Le patate, quando non possono essere consumate fresche, vengono disidratate (come quelle che teniamo in mano nella foto principale). In questi giorni, durante il nostro tour, ci è capitato più volte di vedere contadini stendere sul terreno le patate e lasciarle lì giorno e notte. Lo scopo è quello di far si che queste vengano ripetutamente asciugate dal sole e ghiacciate dalle basse temperature. Attraverso questo procedimento tutta l’acqua contenuta nel tubero viene eliminata portando a numerosi vantaggi. Il primo, il più ovvio, è la sua facile conservazione. La patata in questo modo non marcisce, non può essere attaccata da insetti o parassiti e non germoglia. Resta inerte e può essere consumata anche 12 anni dpo la sua raccolta!
Il secondo vantaggio (forse oggi meno sentito, ma in epoca Inca altrettanto importante) è che in questo modo la patat pesa molto meno e può essere pertanto trasportata più facilmetne. Dovete infatti sapere che gli Inca non conoscevano la ruota (o comunque non sapevano che farsene, vista la conformazione del loro territorio) e che ancora oggi molti contadini usano i tipici tessuti peruviani come sacche per trasportare i materiali direttamente sulle spalle, o si aiutano con i lama che comunque non riescono a traspirtare più di 30kg di peso).
A questo punto però sorge spontanea una domanda: come si mangia una patata disidratata?
I peruviani riescono ad cucinarla in tanti modi diversi. La reidratano bollendola in acqua calda oppure la macinano creando una farina dai mille usi in cucina. Qualche esempio? Zuppe, purè, timballi e persino torte!
Insomma…la patata è preziosissima…in Perù…e nel mondo 😛

I Bobi

Cusco, l’ombelico del mondo

Oggi i Bobi sono a Cusco, la grande capitale dell’impero Inca o, come loro stessi la definivano, l’ombelico del mondo. Veniva chiamata in questo modo poichè, grazie alla sua posizione geografica centrale rispetto all’intero territorio Inca (che all’epoca era grande quasi quanto l’Europa continentale), fungeva da crocevia e punto strategico nonchè fulcro della cultura e della religione.


Per questo nella città attuale e nelle sue vicinanze si possono osservare ancora oggi alcuni resti dei meravigliosi templi Inca. Primo fra tutti il bellissimo complesso templare di Quirikancha che gli Inca avevano indicato come l’ombelico della città (ovvero l’ombelico dell’ombelico, essendo al centro del centro dell’impero). Questo complesso, dalle pietre con incastri tanto perfetti da risultare incredibili (gli Inca adoravano il gioco dei lego perchè con la stessa tecnica costruivano i loro edifici solidissimi e antisismici) era stato quasi completamente distrutto dai conquistadores ma le sue fondamenta e alcune sue parti erano state utilizzate poi come basamenti per una delle principali chiese cattoliche della città (santo domingo).

Quando nel 1678 la chiesa fu praticamente rasa al suolo da un terremoto, emersero nuovamente i resti Inca che a quel punto furono recuperati e valorizzati come si deve. Gli storici e gli archeologi riuscirono a ricostruire solo una parte dei templi, ma sufficiente a far capire la grandezza del luogo, disseminato di grandi strutture di pietra viva e levigata a mano e dedicate agli dei, ovvero alle forze della natura: sole, luna, stelle, fulmine, arcobaleno. Ma era il tempio dedicato al dio sole il più prezioso, tanto da risultare accessibile solo per il capo Inca e di questo tempio è rimasta una nicchia che corrisponde al fulcro di tutto, al centro del centro del centro…all’ombelico dell’ombelico dell’ombelico.


In realtà comunque anche le altre divinità erano molto importanti per la popolazione Inca. Il tempio delle stelle era decorato con pietre preziose la cui luce si rifletteva negli equinozi, mentre il tempio dell’arcobaleno era decorato con lastre dorate.
Proprio l’arcobaleno è forse il simbolo che più è sopravvissuto fino ai giorni d’oggi nella cultura degli abitanti di Cusco. Infatti, ancora oggi la bandiera della città è composta da righe orizzontali dei 7 colori dell’arcobaleno…vi dice qualcosa? esatto, è proprio la stessa bandiera della pace.


I Bobi